Come nasce la Biblioteca diocesana
La Biblioteca diocesana Storti-Guerri ha sede nel Seminario Vescovile di Città di Castello, fondato nel 1638; la prima sede del Seminario fu presso la cattedrale, da dove prima del 1658 venne trasferito nel soppresso convento dei Gesuati, poi ricostruito tra 1750 e 1752. Attualmente svolge le funzioni di biblioteca diocesana centrale e di centro di documentazione sulla storia della Diocesi di Città di Castello e dell’Alta Valle del Tevere. La biblioteca partecipa al Polo SBN di Biblioteche Ecclesiastiche (PBE) e prende parte al Progetto di descrizione dei materiali manoscritti, realizzato in attuazione della Convenzione firmata tra l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e delle descrizioni bibliografiche e l’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI del 15 novembre 2011.
Forse l’originaria Biblioteca del Seminario risale al 1640, quando il Seminario aveva come prima sede la casa della Propositura. I libri dovettero aumentare quando nel 1752 il Vescovo Lattanzi volle unire al nuovo Seminario anche il Collegio con scuole interne e relativa biblioteca e quando venne a Città di Castello il tipografo Ortensio Bersiani, che aprì la sua tipografia nel Seminario, stampando dal 1765 al 1775 opere svariate per forma e contenuto. I libri del Seminario dovettero aumentare poi con l’annessione nel 1834 del Ginnasio-Liceo laico e nel 1853 con l’unione delle Scuole elementari comunali a quelle del Seminario. Il carattere iniziale della biblioteca è scolastico, teologico e morale.
La biblioteca si arricchisce nel 1917 con la donazione Storti – Guerri, da cui la Biblioteca del Seminario prende il nome di “Biblioteca Storti – Guerri”. Giovan Battista Storti nasce a Ripole, nel comune di San Giustino, il 12 agosto 1822. Inizia gli studi presso il Seminario diocesano, per poi completare gli studi presso il Collegio Romano ove nel 1843 ottiene la laurea in teologia, cui segue la laurea in giurisprudenza nel 1848. Ordinato sacerdote nel 1847, ottiene la parrocchia di San Fortunato nel 1854. Insegna Diritto civile, Diritto canonico e Sacra Scrittura nel Seminario di Città di Castello. Nel 1860 si ritira presso la collegiata di Montone, dove ottiene un canonicato. Nel 1861 parte per Roma e due anni dopo vince il concorso di notaio alla Congregazione del Santo Uffizio.
Nel 1867, grazie all’interessamento dell’amico Raffaele Monaco La Valletta ottiene dal papa Pio IX un canonicato nella collegiata dei Santi Celso e Giuliano. Pio IX nel 1885 nomina lo Storti sigillatore della Sacra Penitenzieria; il cardinale Lo Monaco lo nomina suo uditore e convisitatore di Subiaco, nonché vicario generale di Ostia. Grande appassionato di libri, con i suoi risparmi forma una biblioteca di oltre 6.000 volumi,al punto da meritarsi l’appellativo di “biblioteca ambulante”. Dal 1885 le sue condizioni di salute peggiorano e dal 1894 lo assiste il sacerdote don Giuseppe Guerri. Muore a Roma il 22 giugno 1904. È sepolto nel cimitero di Canoscio. Nel 1917 tutti i suoi libri, assieme al catalogo alfabetico, sono donati, tramite mons. Giuseppe Guerri, suo esecutore testamentario, al Seminario Vescovile di Città di Castello.
Il carattere dei libri dello Storti è prevalentemente umanistico, teologico, filosofico, con raccolte di classici italiani, latini, greci, libri di patristica, teologia, diritto, nonché di arte ed archeologia, discipline molto care all’abate. Nel 1932 la biblioteca riceve i libri appartenuti al beato Carlo Liviero, vescovo di Città di Castello dal 1910 al 1932. A partire dagli anni ’60 del XX secolo la biblioteca viene dotata di moderne scaffalature e altri arredi per la conservazione librario e lo studio, per iniziativa del direttore mons. Beniamino Schivo. La biblioteca ha sede nel Seminario Vescovile di Città di Castello. Al primo piano si trovano la sala consultazione, la sala lettura e la direzione; al secondo piano sono collocati i depositi librari e la sala riviste (quest’ultima in via di allestimento).
Al piano terra si trovano la sala conferenze e alcuni locali occasionalmente adibiti a esposizioni documentarie. Il patrimonio bibliografico ammonta a circa 45.000 libri. Le numerose riviste, attive e cessate, sono attualmente in fase di riordino (nell’ambito di un progetto di allestimento di una nuova sala riviste), per cui non si dispone ancora di un dato complessivo sulla loro consistenza. Fin dalle origini la biblioteca ha accresciuto il proprio patrimonio librario mediante acquisti e donazioni, grazie alle quali si sono venuti a creare fondi di particolare interesse.
Tra i fondi personali si segnalano quelli appartenuti al canonico mons. Giuseppe Pierangeli (acquisito nel 1974), ricchissimo di pubblicazioni di interesse locale, al canonico mons. Nazzareno Amantini (acquisito nel 2007), che comprende un’ampia sezione di studi sociali e sul marxismo, – quello di mons. Piero Luigi Guerri (2014), con numerosi testi di teologia contemporanea, studi biblici e catechetica, e quelli di mons. Sergio Susi (2014) e di mons. Alberto Ferri (2015). Alla fine del 2015 è stata donata alla Biblioteca la raccolta libraria personale di madre Callista Massi, superiora generale delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore dal 1970 al 1988, ricca di volumi di teologia e spiritualità contemporanee.
Nel tempo anche i vescovi diocesani hanno arricchito il patrimonio bibliografico della biblioteca con significative donazioni, tra le quali si segnalano quelle di Pellegrino Tomaso Ronchi e Domenico Cancian. Significativa la raccolta di periodici dei secoli XIX-XXI, che comprende l’intera raccolta della «Civiltà Cattolica» dal 1850 ad oggi. I periodici attualmente attivi sono 26.
Come nasce l’archivio
Fin dal 1978, per espressa volontà dell’allora vescovo monsignor Cesare Pagani, l’Archivio Storico della Diocesi di Città di Castello ha sede in un’ala del palazzo del Seminario Vescovile tifernate ed in detto luogo viene conservato non solo il fondo della Curia vescovile ma anche i fondi di altri enti ecclesiastici diocesani, quali il Seminario Vescovile, il Capitolo della Cattedrale dei Santi Florido e Amanzio, le Confraternite della città e della diocesi tifernate, alcune parrocchie (i cui fondi sono qui in deposito) ed infine anche alcuni fondi personali (fondo Muzi, fondo Ascani, fondo Piccardini…).
Per l’Archivio Storico Diocesano la Guida degli Archivi Diocesani d’Italia, I, Roma 1990, pp. 131- 132, segnala una consistenza di 5.574 unità, ma questo numero è cresciuto a seguito dei versamenti successivi. Per motivi di spazio vi sono confluiti anche documenti dell’archivio di deposito della Curia vescovile, quali ad esempio gli atti matrimoniali fino all’anno 2003. L’Archivio Storico della Diocesi di Città di Castello custodisce in scaffali metallici collocati in ambienti ampi, ben aerati, a temperatura pressoché costante, abbondante e varia documentazione che testimonia la vitalità della Chiesa locale nel corso dei secoli e allo stesso tempo favorisce a laureandi e a studiosi provenienti da varie parti d’Italia e dall’estero una fruttuosa ricerca.
Molto preziosa e molto antica risulta la documentazione dei vari fondi. L’atto più antico dell’Archivio Capitolare risale al 1012 e compare nel primo volume degli Instrumenta Canonicae [antica segnatura 132]: i nove registri pergamenacei noti come Libri Instrumentorum Canonicae Castellanae, di grandi dimensioni, spesso con cartulazione originaria e con postille e brevi regesti ai margini, contengono una varietà di atti relativi alla Canonica di San Florido quali donazioni, enfiteusi, assegnazioni di beni della Canonica, elezioni di rettori di chiese e simili.
Fra le varie serie che compongono l’Archivio capitolare segnaliamo anche i 17 registri in carta e pergamena legati in cuoio che vanno dal XIII al XVI secolo, detti Libri Extraordinariorum; i registri delle sedute capitolari dal 1516 al 1983; i 24 registri dei Conti della Fabbrica di San Florido (anni 1674-1877); i registri della Parrocchia della Cattedrale: 41 libri dei battezzati dal 1561 al 1908, 14 libri dei cresimati dal 1655 al 1873, 5 libri dei matrimoni dal 1564 al 1801 e 9 libri dei defunti dal 1594 al 1928.
Di grande rilevanza sono anche le 272 pergamene sciolte del fondo diplomatico che ricopre l’arco temporale 1020-1825: tra queste ricordiamo il diploma dell’imperatore Federico Barbarossa del 1163 conservato presso il Museo diocesano di Città di Castello. Molto consultati sono i manoscritti inediti di storia locale della serie Memorie tifernati, composta di 131 volumi settecenteschi di mano di storici ed eruditi di Città di Castello.
Del solo Alessandro Certini si conservano ben 48 volumi, alcuni dei quali dedicati alla storia di famiglie nobili della città con tanto di araldica e di albero genealogico, altri a biografie di letterati tifernati, ad elenchi di governatori ed alla cronologia dei vescovi; i manoscritti di Luigi Andreocci, circa 40, contengono anch’essi notizie di genealogia ed araldica, trascrizioni di bolle pontificie e privilegi imperiali esistenti nell’Archivio capitolare, copie di protocolli di diversi notai compresi tra il XIV ed il XV secolo. I restanti manoscritti si devono a don Domenico Pazzi e a Ignazio Lazzari.
L’Archivio del Capitolo della Cattedrale, che conta circa 2240 unità, in origine era conservato nei locali del Capitolo adiacenti la Cattedrale di San Florido, quindi fu trasferito nel Vescovato ad inizio anni Ottanta per essere definitivamente sistemato nel 1982 nell’ex sede del Seminario vescovile dove già era collocato l’Archivio della Curia vescovile. L’arco cronologico coperto dalle carte dell’Archivio Vescovile va dal secolo XI al 2003.
La documentazione originale più antica risale al XII secolo ed in gran parte proviene dalla Cancelleria vescovile, ma sono presenti copie autentiche di documenti dell’XI secolo: è il caso della serie dei Registri della Cancelleria vescovile, di cui i primi nove registri pergamenacei sono conosciuti anche come Libri dei vescovi, i quali testimoniano l’attività dei vescovi dall’XI secolo al XVI. Dell’Archivio vescovile segnaliamo anche l’ininterrotta serie di Visite Pastorali a partire dal 1568 e la serie completa degli atti matrimoniali dell’intera Diocesi dal 1624 fino al 2003.
L’Archivio del Seminario vescovile si compone di circa 500 unità che ricoprono l’arco cronologico dal 1667 al 1976. Quanto agli archivi delle Confraternite questi sono composti da circa 99 fondi di varie compagnie della città e della diocesi tifernate e documentano un arco di tempo dal 1428 al 1981: si tratta di una preziosa testimonianza di opere di carità e pratiche liturgiche di associazioni di laici credenti. Gli archivi delle parrocchie in deposito sono un’altra preziosa fonte di notizie per gli studiosi: perlopiù sono costituiti dai registri parrocchiali, di battesimi, di matrimoni, di morti e stati d’anime, utili a chiunque voglia ricostruire notizie intorno alla propria famiglia o ad un’intera comunità dal secolo XVI fino al Novecento.
Nell’Archivio storico diocesano sono conservati anche fondi personali tra cui spicca quello del vescovo Giovanni Muzi, composto di 24 unità, anni 1825-1849. Ricordiamo che il vescovo, appassionato di storia ecclesiastica e cittadina, studiò una infinita quantità di documenti, di cui molti appartenenti all’Archivio Storico Diocesano e redasse l’opera Memorie ecclesiastiche e civili di Città di Castello in 7 volumi, anni 1842-1844.
L’Archivio Storico Diocesano per sua natura è un contenitore di tante memorie del passato, e come tale, ha una potenzialità culturale da mettere al servizio della pastorale diocesana.
Attraverso i suoi documenti ci racconta l’origine della Diocesi, la serie dei suoi Vescovi, il loro ministero e il loro magistero; ci tramanda le figure dei nostri santi; ci informa sulla vita sacramentale; ci descrive la storia delle singole comunità parrocchiali, delle istituzioni ecclesiastiche, delle aggregazioni laicali: tutte informazioni utili ai cristiani di oggi per confermare la loro adesione convinta e coerente alla Chiesa locale.
L’archivio quindi messo a servizio della pastorale diocesana, ma non solo. Attraverso contatti, scambi, collaborazioni, l’archivio può diventare e di fatto diviene sempre più un ponte che collega la Diocesi con la società locale, con le istituzioni civili e col mondo della cultura.
Tutti i 120 fondi dell’archivio storico diocesano al momento inventariati con il software CEI-Ar sono pubblicati sul portale BeWeb che offre la possibilità di navigare i relativi alberi archivistici.
BEWEB, Beni ecclesiastici in web, è la vetrina che rende visibile il lavoro di censimento sistematico del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi italiane e dagli istituti culturali ecclesiastici sui beni di loro proprietà. È anche il luogo dove facilitare, attraverso approfondimenti tematici, condivisione di risorse e news, la comprensione e la lettura del patrimonio diocesano da parte di un pubblico ampio e non di soli specialisti. Il portale intende diventare sempre più l’espressione di una redazione distribuita che vede protagoniste le diocesi e tutta la realtà ecclesiale, onde far emergere, insieme a quelle tradizionali, chiavi di lettura del patrimonio di carattere pastorale, catechetico, liturgico e più in generale teologiche.
L’accesso cross domain ai dati dei diversi settori è facilitato attraverso diverse possibilità di ricerca: quella google like, quella territoriale, quella cronologica e infine, nella direzione più altamente qualificante per Authority File (persone, enti, famiglie). La banca dati è implementata particolarmente dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio e sono quindi nella fase di aggiornamento e integrazione. Per queste ragioni quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.
Man mano che l’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI riceve banche dati aggiornate, provvede a sostituire quelle pubblicate fino a quel momento. BeWeB è anche uno strumento di dialogo con le istituzioni pubbliche e i relativi sistemi informativi.
In quest’ottica sono stati portati alla firma accordi e convenzioni che garantiscono la visibilità dei dati presenti su BeWeB anche nell’Anagrafe delle Biblioteche Italiane, nel Servizio Bibliotecario Nazionale e in Manus online coordinati dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), in Material Evidence of Incunabula coordinato dal Consortium of European Research Libraries (CERL), nel Sistema Archivistico Nazionale coordinato dall’Istituto Centrale per gli Archivi (ICAR), nei Luoghi della Cultura realizzato dal Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT). Si sta verificando come facilitare il dialogo con il Sistema Generale Informativo del Catalogo (SIGECweb) coordinato dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e con CulturaItalia, progetto coordinato direttamente dal MiBACT.
Una volta al museo, clicca l’icona qui sotto per aprire lo scanner e inquadra i QR code posti lungo il percorso per accedere a contenuti esclusivi.