Il complesso museale ha sede nella chiesa e nel convento di San Francesco. Da un monumentale chiostro si accede all’interno della chiesa, dove sono conservate tracce di affreschi risalenti al XIV-XVI secolo. La Pinacoteca ospita, tra le opere più prestigiose, il gruppo ligneo del XIII secolo rappresentante la Deposizione e il gonfalone di Bartolomeo Caporali raffigurante la Madonna della Misericordia.
Fondata intorno al 1300, la sua tipologia è quella tipica delle architetture degli Ordini mendicanti: forme semplici e lineari, unica navata con abside poligonale, copertura a capriate. Intorno al 1500 fu addossato, alla parete nord dell’edificio, la parte ampliata del convento. La chiesa rappresenta il nucleo centrale del museo, conservando al suo interno numerosi affreschi prevalentemente a carattere votivo. I brani sopravvissuti degli affreschi più antichi, databili alla seconda metà del Trecento, fanno pensare che subito dopo l’edificazione della chiesa si pose mano ad un ampio intervento decorativo. Gli esiti più alti della decorazione della chiesa spettano però al secolo successivo, quando l’edificio divenne la chiesa di famiglia dei Fortebracci che generosamente contribuirono al suo abbellimento, fornendola di altari, suppellettili e dipinti.
Nella chiesa sono presenti anche pregevoli opere lignee, quali il bancone dei magistrati con motivi ad intarsio ispirati alle “grottesche”, il coro ligneo e il pulpito.
La raccolta comprende un gruppo di dipinti datati tra il XVI e XVIII secolo, provenienti dalle chiese di Montone, testimoni dei rapporti del borgo con Perugia e Città di Castello. La Deposizione lignea è tra le opere di maggior pregio. I quattro componenti di cui è composta facevano forse parte di un gruppo di cinque figure, con Cristo, la Vergine, San Giovanni Evangelista, San Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Fra le tele seicentesche la più notevole è quella raffigurante Sant’Antonio di Padova con il Bambino.
La famiglia cui fu legata la fama di Montone è illustrata nei due alberi genealogici che rappresentano la discendenza Fortebracci. Consistente e degna di nota è la cospicua raccolta di opere tessili, varie nei materiali e nei colori, eseguite con tecniche elaborate e fantasiosi motivi floreali. Si tratta di paramenti e apparati liturgici.
La nuova sezione archeologica, infine, raccoglie testimonianze di un ritrovamento di una villa romana nei pressi di Santa Maria di Sette del II secolo d.C. Gli ultimi scavi hanno portato alla luce numerosi frammenti di tegole e coppi, pezzi di dolia e di anfore, frammenti di ceramica nera, una bella moneta d’argento, tessere di mosaico in marmo nero. Dai dati raccolti si può pensare che si trattasse di una villa servile di dimensioni medio-grandi, che si sviluppava a mezza costa con una serie di terrazzamenti e di proprietà di un ricco ed illustre personaggio di cui purtroppo non si conosce il nome.
La sezione archeologica raccoglie testimonianze di un ritrovamento di una villa romana nei pressi di Santa Maria di Sette del II secolo d.C. Gli ultimi scavi hanno portato alla luce numerosi frammenti di tegole e coppi, pezzi di dolia e di anfore, frammenti di ceramica nera, una bella moneta d’argento, tessere di mosaico in marmo nero. Dai dati raccolti si può pensare che si trattasse di una villa servile di dimensioni medio-grandi, che si sviluppava a mezza costa con una serie di terrazzamenti e di proprietà di un ricco ed illustre personaggio di cui purtroppo non si conosce il nome.
La Madonna della Misericordia, completamente restaurata, opera di Bartolomeo Caporali, fu realizzata su committenza del Convento dei Francescani ed è datata 1482. Senza dubbio è l’opera pittorica più rilevante della raccolta e rappresenta la sintesi perfetta tra i canoni pittorici toscani e quelli tipicamente umbri, unendo l’uso del fondo-oro con le rappresentazioni paesaggistiche.
Si tratta di un tipico gonfalone contro la peste, che rientra nel genere di quelli realizzati nel XV secolo, in Umbria e in particolare in ambito perugino, per invocare il soccorso divino in caso di calamità e malattie. La Vergine della Misericordia protegge, infatti, i fedeli con il proprio mantello dalle frecce che simboleggiano le sciagure scagliate da Cristo giudice, nella terra; uno scheletro con la falce, immagine della morte, allude agli effetti nefasti della peste.
Oltre ai santi rappresentati a sinistra che sono: Sebastiano (protettore antipeste), Francesco (santo a cui è intitolata la chiesa) Biagio (protettore della gola e dei cardatori di lana) e Giovanni Battista (in veste di protettore del Comune di Montone), compaiono a destra, Nicola (protettore dell’ordine francescano, mercanti e commercianti) Bernardino (santo francescano importante assieme a sant’Antonio da Padova, nonché protettore degli ammalati ai polmoni), Gregorio (cui è dedicata la Pieve) e Antonio di Padova (il santo taumaturgo dei Francescani).
Nella realistica rappresentazione della città in basso, sono evidenti la chiesa di San Francesco e la rocca di Braccio di cui è l’unico documento storico prima della sua distruzione fatta operare da Papa Sisto IV.
Crocifisso, Madonna, san Giovanni, san Giuseppe d’Arimatea (da un Gruppo di Deposizione), 1260-1270.
Provenienti dalla pieve di San Gregorio, le quattro sculture sono quanto rimane di un gruppo di Deposizione dalla croce, sicuramente comprendente anche la figura di Nicodemo oggi dispersa. È certa l’esposizione di gruppi simili nelle cerimonie di culto che culminavano nel Venerdì Santo ed è anche provata la loro presenza in funzione drammatica nello svolgimento delle Sacre Rappresentazioni della Passione all’interno e, più spesso, all’esterno delle chiese.
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