La Stufetta è l’unico ambiente menzionato con precisione dal Vasari come opera del Gherardi a Città di Castello. Nella decorazione, databile al 1534, i riquadri con episodi mitologici sono scanditi sulle pareti e sulla volta da cornici viola e grottesche su fondo bianco che riprendono i motivi a putti, mascheroni e sfingi già presenti nelle sale del palazzo.
La stufa o stanza-stufa, da poco riportata alla cromia originale grazie ad un intervento di restauro condotto da Giuliano Guerri, era un ambiente di gran moda nel Rinascimento e ogni palazzo importante ne era dotato: un luogo legato al benessere privato con una vera e propria sauna dove, oltre alla vasca da bagno fissa, vi era un sistema idraulico in grado di scaldare l’acqua e creare vapore. Un luogo solitamente defilato e ritirato dove, grazie alla presenza di acqua, era più agile provvedere alle pulizie personali. Allo stesso tempo la stufa era un ambiente non comune, degna delle grandi corti italiane, basti pensare alla stufetta del cardinal Bibbiena in Vaticano decorata da Raffaello. A Palazzo Vitelli la stanza si trova a piano terra, nel punto in cui giungono le scale interne che conducono al piano superiore, un percorso quindi privato nel grande palazzo. La presenza di questa stanza a Città di Castello è indice della volontà di Alessandro Vitelli di seguire i modelli più aggiornati delle corti italiane più avanzate.
L’iconografia della stufa si ispira a temi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio. Da sinistra accanto alla porta sono leggibili gli episodi di Diana e Atteone, in cui Diana, sorpresa mentre fa il bagno con le compagne dal cacciatore Atteone, lo trasforma in cervo che viene sbranato dai suoi stessi cani. La composizione è ispirata a quella che il Parmigianino aveva decorato nell’analogo bagno a Fontanellato, nel parmense. Seguono Leda e il cigno, in cui la donna viene sedotta da Giove tramutato in cigno, Apollo e Dafne, con Dafne che si trasforma in alloro per sfuggire al dio Apollo e una scena difficilmente identificabile. Sulla volta è Il trionfo di Nettuno, con ippocampi e creature marine che, così come le divinità fluviali sui riquadri laterali, sono un chiaro riferimento alla funzione del luogo. L’affresco è ispirato a un’incisione di Marcantonio Raimondi, allievo di Raffaello.
Negli stessi anni Gherardi realizzerà nella vicina San Giustino un’altra stufa nel Castello Bufalini.