In Umbria, dove si coltivava soprattutto la varietà Virginia Bright, la storia della tabacchicoltura fu soprattutto una storia di donne. Spesso provenienti da famiglie mezzadrili e bracciantili dalle campagne circostanti di impianto patriarcale. Dal secondo dopoguerra la bassa sindacalizzazione femminile favorì l’occupazione femminile nel tabacco: intorno agli anni Cinquanta le tabacchine costituivano quasi il 50% degli addetti alla fabbrica ed erano impiegate soprattutto per la cernita e l’imbottamento. A loro era richiesta una grande concentrazione e uno sforzo visivo perché dovevano essere in grado di riconoscere le diverse gradazioni di colore e le lunghezze delle foglie. Oltre alla maggiore precisione va considerato che, a parità di qualifica, le tariffe salariali applicate alle donne erano più basse di oltre il 20% rispetto a quelle degli uomini.
Le donne impiegate nel tabacco contribuirono allo sviluppo del sistema sociale: con il passare del tempo vennero predisposti all’interno delle fabbriche sale di allattamento e i primi asili per i figli dei dipendenti, oltre che garantiti l’assistenza medica sul lavoro e migliori condizioni sul posto di lavoro. Il lavoro ai tabacchi costituì così un elemento di emancipazione del ruolo femminile.