La sala VI conserva l’unica opera rimasta in città del più celebre pittore del Rinascimento: Raffaello Sanzio (1483-1520). Si tratta del Gonfalone della Santissima Trinità, realizzato tra 1500 e 1501. Esso raffigura da un lato la Creazione di Eva e dall’altro la Trinità con i santi Rocco e Sebastiano e venne dipinto per la chiesa della Confraternita della Santissima Trinità in via della Fraternita.
Raffaello era nato ad Urbino e trascorse l’infanzia nella bottega del padre, il pittore Giovanni Santi, che, secondo le prime biografie, decise di mandare il figlio appena sedicenne ad apprendere l’arte della pittura presso Pietro Vannucci detto il Perugino, allora attivo tra Firenze e Perugia. A Città di Castello Raffaello lasciò ben quattro opere, tre delle quali purtroppo migrate.
Racconta Vasari che Raffaello raggiunse Città di Castello con “alcuni amici”. Qui firma nell’anno 1500, a soli diciassette anni, il suo primo contratto come ‘magister’, ovvero iscritto alla corporazione dei pittori. Si tratta della Pala di San Nicola da Tolentino destinata alla cappella Baronci nella chiesa di Sant’Agostino. La tavola era stata commissionata a Raffaello e ad Evangelista da Pian di Meleto, collaboratore di Giovanni Santi, dal mercante Andrea Baronci e risulta già terminata il 13 settembre dell’anno seguente. Nel 1789 il violento terremoto che colpì la città, danneggiò irrimediabilmente sia l’opera di Raffaello che la chiesa stessa di Sant’Agostino. Fu così che si decise di vendere a papa Pio IV i frammenti della Pala Baronci, per contribuire al restauro della chiesa. I frammenti finora rintracciati dell’opera sono conservati nei musei di Brescia (Pinacoteca Tosio-Martinengo), Napoli (Museo nazionale di Capodimonte) e Parigi (Museo del Louvre). A Città di Castello è conservata una copia realizzata dal pittore romano Ermenegildo Costantini che, insieme ad alcuni disegni preparatori di Raffaello, si rivela una testimonianza fondamentale per la ricostruzione dell’assetto originale della Pala Baronci.
La Crocifissione Gavari o Mond fu commissionata dal mercante di lana e banchiere Domenico Gavari per la sua cappella funeraria, dedicata a San Girolamo, nella chiesa di San Domenico. La pala era collocata all’interno di una cornice in pietra serena rimasta in loco su cui è leggibile il nome del committente e la data MDIII (1503). La tavola era corredata da una predella formata, probabilmente, da quattro scomparti, di cui due sono stati individuati. L’opera di Raffaello rimase in loco fino al 1818, quando fu venduta dai frati ed ora si trova alla National Gallery di Londra. La Pinacoteca comunale ne conserva l’unica compia finora nota, realizzata al momento della vendita.
Più complesse sono le vicende che riguardano l’ultima delle opere realizzate da Raffaello in città: lo Sposalizio della Vergine. Dipinta nel 1504 per la cappella di san Giuseppe, patronato della famiglia Albizzini, nella chiesa di San Francesco, fu ceduta dai tifernati nel 1798 al generale napoleonico di Brescia, Lechi, e ora si trova nelle collezioni di Brera a Milano.