12° Appuntamento con “ITINERARI MUA” – “MUSEO MALAKOS la più grande raccolta malacologica privata in Europa”

È la collezione di riferimento del CNR-ISMAR di Bologna per l’Italia ed è a disposizione di studiosi specializzati del settore, studenti e pubblico generico ed ha sede ella suggestiva Villa Capelletti a Città di Castello in provincia di Perugia.​

“Svolgiamo un fervente lavoro sulla didattica, nelle nostre aule e nelle scuole, trattiamo svariati temi che spaziano dalle scienze naturali, alla biologia, la chimica, la paleontologia fino ad arrivare all’antropologia. Utilizziamo la didattica informale con metodo induttivo hands-on declinato in tutte le sue forme, per fare divulgazione scientifica a tutti i livelli: dal nido, all’università, fino ai corsi per docenti.”


SEZIONE DEL MUSEO

Il filo conduttore dell’esposizione è la conchiglia, che parte per un viaggio attorno al mondo e nel passato per incontrare altri animali, piante, fossili e raccontare una storia straordinaria. Un percorso che ci porterà ad esplorare luoghi lontani ed epoche remote.                                                                                                                    Partiremo dalla stanza della Malacologia come campo base per innumerevoli scoperte, con la conchiglia che ci porterà per gli oceani con il Percorso blu e nei deserti e foreste con la sala della Terra; faremo poi un tuffo nel passato con i reperti fossili, le ammoniti e ci inoltreremo nelle viscere della terra grazie a minerali scintillanti nella sala di Geologia. Un’esposizione di Antropologia ci mostrerà pezzi originali che fanno parte del nostro lontano passato, per emozionarci con gli strumenti maneggiati dai nostri antenati ed infine un percorso immersivo dove coinvolgere tutti i sensi grazie alla Mostra sensoriale. Parole d’ordine “scoperta ed emozione!”

6 diverse sale e percorsi per un’esplorazione del pianeta terra e della natura. Ad ogni sala sono abbinati una visita guidata e un laboratorio pratico, prenotabili con le biologhe e con il paleontologo.

Focus spot su Pleurotomarie, rarissime da vedere soprattutto tutte insieme, e Murici, vetrine temporanee che cambieranno periodicamente per illustrare le famiglie di molluschi più particolari.​

Malakos ospita al suo interno anche la ricostruzione di una barriera corallina, composta da materiali provenienti dai sequestri dei carabinieri CITES, con specie endemiche, rare ed a rischio di estinzione.​


INFO e Prenotazioni

E’ possibile prenotare gite di un giorno intero o due, visitare anche l’antistante Centro delle Tradizioni Popolari e il pranzo al sacco.
📱  Per info 349.5823613 anche via Whatsapp
🐌 malakosmuseum@gmail.com

Direttrice e Project Manager: Dott.ssa Debora Nucci

Ricercatrice e Progettista: Dott.ssa Beatrice Santucci

Fondatore e Curatore: Prof. Gianluigi Bini

Paleontologo: Dott. Riccardo Ferri

Presidente: Giuliano Acquisti

10° Appuntamento “ITINERARI MUA” – “Rinascimento in Alta Valle del Tevere, percorsi Tifernati”

A Città di Castello Palazzo Vitelli alla Cannoniera è stato splendidamente affrescato intorno alla metà del Cinquecento per volere di Alessandro Vitelli da Cristofano Gherardi da Sansepolcro e da Cola dell’Amatrice, con l’intervento di Vasari. La galleria civica conserva poi opere di Spinello Aretino, Antonio Vivarini […] Pomarancio e Santi di Tito, nonché il magnifico Martirio di san Sebastiano di Luca Signorelli e una delle prime opere di Raffaello Sanzio, il Gonfalone della Santissima Trinità.

Anche il Museo del Duomo custodisce opere testimoni della vitalità artistica che nei secoli ha contraddistinto la città, come la Madonna col Bambino e san Giovannino del Pintoricchio, databile all’ultimo decennio del Quattrocento, un Crocifisso attribuito a Nero Alberti da Sansepolcro e il Cristo in Gloria di Rosso Fiorentino (1528-1530). Del sistema museale ecclesiastico fa parte anche l’Oratorio di San Crescentino di Morra, frazione di Città di Castello, con affreschi di Luca Signorelli e scuola (1504-1507 ca.).


Percorso Vitelli

A questa famiglia di abili politici, capitani di ventura e uomini di chiesa si devono, oltre al Palazzo della Cannoniera, almeno altri tre grandi palazzi: il Palazzo in piazza o all’Abbondanza, nell’antica piazza dei Vitelli, ora piazza Matteotti, il Palazzo a San Giacomo e Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, voluto alla metà del Cinquecento da Paolo e Chiappino Vitelli. Alla committenza Vitelli sono legati anche edifici fuori dal centro storico come la Villa di Garavelle, ora sede del Museo malacologico Malakos.

Le chiese Tifernati

Il percorso continua tra le chiese cittadine come la Basilica Cattedrale dei Santi Florido e Amanzio che porta i segni del rinnovamento cinquecentesco promosso soprattutto dalla famiglia Vitelli. Vale la pena soffermarsi presso le chiese di San Domenico e San Francesco, dove un tempo erano conservate opere di Signorelli e Raffaello, e oggi sono ancora visibili i quattrocenteschi affreschi di Antonio Alberti da Ferrara  e l’Incoronazione della Vergine di Giorgio Vasari (1563), nella seconda.

Proseguendo verso nord, è possibile fare tappa a Pistrino, frazione del comune di Citerna, per ammirare la chiesetta di Santa Maria Assunta, che ospita affreschi rinascimentali di ispirazione o scuola del Perugino.

Andando ancora verso nord si trova il Castello Bufalini, un raro esempio di dimora storica signorile che conserva parte dei suoi arredi, l’archivio di famiglia e l’antico giardino. L’edificio, nato come fortilizio difensivo al confine tra lo stato della chiesa e la Repubblica Fiorentina, venne trasformato nel Cinquecento dall’abate Ventura Bufalini e del fratello Giulio in un palazzo nobiliare: il progetto architettonico venne affidato a Nanni Ongaro e gli affreschi a Cristofano Gherardi da Sansepolcro.

Verso sud a Monte Santa Maria Tiberina, la visita al Palazzo Museo Bourbon del Monte e alla cappella di famiglia nella pieve di Santa Maria Assunta permette di conoscere la storia dei Bourbon del Monte, una famiglia che in età moderna ha dominato i rapporti istituzionali e politici dell’Italia centrale, intesa come Toscana, Umbria e Marche- con il Gran Ducato di Toscana e lo Stato della Chiesa.

Proseguendo ancora verso sud si può arrivare fino a Montone, che tradizione vuole sia stato edificato dalla famiglia Fortebracci. Nel XV sec., Montone vive il suo momento di maggior splendore grazie soprattutto alla figura di Andrea “Braccio” Fortebracci, ovvero Braccio da Montone, uno dei più grandi capitani di ventura italiani, che concepisce il disegno di creare uno Stato unico in Italia centrale con capitale Perugia. Qui si può visitare il Complesso Museale di San Francesco ricco di quadri rinascimentali tra cui spicca la Madonna della Misericordia (1482) di Bartolomeo Caporali.

9° Appuntamento “ITINERARI MUA” . Archeologia in Alta Valle del Tevere: Tracce e reperti Archeologici.

Gli Umbri erano un antico popolo italico di lingua indoeuropea che si ritiene giunto in Italia nel II millennio a.C., quando occuparono un’area che in epoca classica si estendeva dall’Alta Valle del Tevere fino al mar Adriatico. Tradizionalmente il confine naturale tra la popolazione degli Umbri e degli Etruschi era il fiume Tevere: i primi occuparono l’area a oriente e i secondi quella a occidente.

Lo confermerebbero i numerosi ritrovamenti di epoca etrusca avvenuti nella frazione di Fabrecce a Città di Castello.


Gli Etruschi furono un popolo dell’Italia antica vissuto tra il IX secolo a.C. e il I secolo a.C. in un’area denominata Etruria, corrispondente all’incirca alla Toscana, all’Umbria occidentale e al Lazio settentrionale e centrale.

A partire dal IV secolo a.C. si assiste alla progressiva espansione nella regione dei Romani. Dal I secolo d.C. l’Alta Valle del Tevere entra a far parte della VI regione augustea, l’Umbria, allora comprendente parte delle attuali Marche.

Con la fine dell’Impero, l’Alta Valle del Tevere si trovò nuovamente ad essere una terra di confine tra i Bizantini e i Longobardi.

Un itinerario archeologico in Altotevere può iniziare da San Giustino per visitare in località Colle Plinio i resti della villa di Plinio il Giovane in Tuscis e conoscere la storia di questo insediamento nel Museo archeologico allestito nella splendida Villa Graziani. Una collezione di busti di epoca romana, in parte riadattati nel Cinquecento, si trovano all’interno del Castello Bufalini e facevano parte della collezione di questa importante famiglia. Vale una sosta anche la cripta della chiesa arcipretale, databile al IX sec. d.C., che conserva al suo interno marmi di reimpiego, probabilmente provenienti dalla Villa di Plinio, e decorazioni di epoca altomedievale.


Salendo verso Monte Santa Maria Tiberina, dove è possibile vedere tracce di strade d’epoca romana, sono esposti all’interno del Palazzo Museo Bourbon del Monte reperti che vanno dalla preistoria al periodo longobardo, quando Monte Santa Maria Tiberina assunse la fisionomia di una fortificazione, più precisamente un castrum, posto sul confine del territorio longobardo con il corridoio bizantino.

A Città di Castello, antica Tifernum Tiberinum, la città romana si localizza nell’area meridionale del centro storico, in corrispondenza di un’ansa del fiume Tevere. Nell’isolato compreso tra via Oberdan e via Borgo Farinario sono visibili i resti dell’anfiteatro, risalente al primo secolo d.C. La Pinacoteca comunale conserva una piccola raccolta archeologica: all’ingresso sulla sinistra si trova un sarcofago del III sec. d.C. proveniente dalla frazione di Badia Petroia, mentre, una più ampia sezione sarà presto esposta nel rinnovato allestimento dedicato al museo della città. Nella sala del consiglio nel Palazzo comunale sono esposte epigrafi latine provenienti dall’area urbana e suburbana.

Proseguendo ancora verso sud, e salendo verso la città di Montone, è possibile visitare la sezione archeologica del Museo Civico all’interno del Complesso Museale di San Francesco, la quale custodisce i resti di una villa romana costruita nei pressi di Santa Maria di Sette nel II secolo d.C.

Scendendo ancora più a sud, presso la città di Umbertide, troviamo il Museo civico di Santa Croce.

Presenta un’interessante sezione archeologica: materiali ceramici dall’età protostorica al periodo ellenistico e romano, monete databili al IV-V secolo d.C. provenienti da un insediamento sul Monte Acuto e una stipe votiva con bronzetti di tipo italico del genere schematico a figura umana e animale, (VI-V secolo a.C.).

4° Appuntamento di “Itinerari del MUA” con la “ROCCA D’ARIES” – Montone (PG)

La rocca d’Aries, nei pressi di Montone, ha origini molto antiche, fu eretta dalla famiglia Fortebracci sui resti di un antico fortilizio a difesa della primitiva popolazione. La rocca ha subito nel tempo le vicende storiche di Montone, assumendo nei secoli una funzione difensiva e residenziale, ma dal Cinquecento si è resa indipendente dalla cittadina umbra. A pianta rettangolare, con torre circolare su un lato, ha subito diversi interventi per essere adattata a scopi abitativi, nonostante mantenga ancora intatta la massiccia struttura fortificata.

Già dall’anno mille se ne hanno notizie, ma è dal 1376 che la rocca comincia ad intrecciare la sua storia con la famiglia Fortebracci. In quell’anno Oddo III, padre del famoso Braccio, la conquistò, riportandola sotto l’egemonia della vicina Città di Castello. Dopo pochi anni i magistrati perugini, ripresane la proprietà, decisero di far diventare rocca d’Aries molto più massiccia per renderla inespugnabile, affidando la direzione dei lavori, viste le sue grandi capacità, a Oddo III Fortebracci. Nel 1380 la struttura era terminata, e negli anni successivi fu sempre contesa tra Perugia e Città di Castello, perché considerata difficilmente attaccabile.


Nel XV secolo diventò possedimento di Braccio Fortebracci, che nel frattempo divenne signore assoluto di gran parte dell’Umbria. Vi soggiornava spesso la sua famiglia, in particolare la moglie Nicola Varano. Nel Cinquecento la proprietà della rocca passò alla famiglia Bentivoglio, e le notizie successive sono del 1596, anno in cui la fortezza fu attaccata da seicento banditi che, in quel periodo, scorrazzavano per tutto il territorio eugubino, creando una serie infinita di danni. Intanto cambiarono anche i proprietari della rocca, dai Bentivoglio era stata venduta per 15.000 scudi romani al conte Giambattista Cantalmaggi e da questo, per diritti ereditari, passò alla famiglia Della Porta. Negli anni ottanta del Novecento apparteneva ancora a questa famiglia quando fu comprata.

www.umbriatourism.it

Bibliografia
Amoni D. (1999), Castelli fortezze e rocche dell’Umbria, Perugia, Quattroemme.

“ITINERARI DI MUA” – 2° appuntamento con il “CASTELLO BUFALINI” e la storia della famiglia Bufalini.

IL CASTELLO BUFALINI 

Passato di proprietà nel 1487 a Niccolò di Manno Bufalini, vennero intrapresi lavori di ricostruzione su progetto dell’architetto romano Mariano Savelli e su indicazioni di Giovanni e Camillo Vitelli, uomini d’armi ed esperti in architettura militare. Assunse l’aspetto di una fortezza, a pianta quadrata irregolare con quattro torri agli angoli, di cui una di maggiori dimensioni, la torre maestra; un ampio fossato con acqua la circondava.

La storia dell’edificio è legata indissolubilmente a quella della famiglia Bufalini, che vantava personaggi affermatisi in ambito ecclesiastico, letterario e giuridico. A partire dagli anni Trenta del XVI secolo, la fortezza fu trasformata in residenza nobiliare rispondente a precise esigenze artistiche, sociali e culturali, secondo la volontà di Giulio I e del fratello, l’Abate Ventura Bufalini. Benché sia stato l’interno a subire maggiori modifiche, con la creazione di ampie sale distribuite attorno ad un cortile con due lati porticati, risale a quel periodo l’inserimento in facciata del loggiato e l’ingresso monumentale in posizione centrale.

Dall’esterno rimase ben visibile l’originaria struttura militare dell’edificio. Il progetto del palazzo fu opera dell’architetto fiorentino della cerchia dei Sangallo Giovanni di Alesso, detto Nanni Unghero, ma i lavori furono ultimati con l’intervento del Vignola attorno al 1560.

L’edificio nasce come fortilizio militare della famiglia dei Dotti di Sansepolcro. In seguito alla battaglia di Anghiari, nel 1440, divenne un avamposto militare a difesa del territorio di Città di Castello. Nel 1487 fu assegnato a Niccolò di Manno Bufalini, a cui si devono i lavori di ricostruzione che conferirono alla struttura l’aspetto di una fortezza a pianta quadrata irregolare, circondata da un ampio fossato e con quattro torri agli angoli, di cui una di maggiori dimensioni: la torre maestra.

A partire dagli anni Trenta del Cinquecento, il fortilizio fu trasformato in residenza nobiliare da Giulio I Bufalini e dal fratello, l’abate Ventura. Risale a quel periodo l’inserimento in facciata del loggiato e l’ingresso monumentale in posizione centrale. Il progetto del palazzo fu opera dell’architetto fiorentino Giovanni di Alesso, detto Nanni Unghero e i lavori furono ultimati attorno al 1560. Durante l’ultimo decennio del Seicento e i primi anni del Settecento, il palazzo divenne un’amena villa di campagna, secondo il progetto dell’architetto-pittore tifernate Giovanni Ventura Borghesi.

Dalla fine del Seicento o il palazzo fu ristrutturato dall’architetto-pittore tifernate Giovanni Ventura Borghesi come amena villa di campagna con “giardino all’italiana”. L’edificio si arricchì nel Settecento di pregevoli opere d’arte, tra le quali stucchi, cicli pittorici su affresco e tela, volti anche a celebrare i Bufalini divenuti marchesi.

Nel luglio del 1989 Castello Bufalini è stato acquisito dal demanio dello Stato e costituisce ad oggi un raro esempio di dimora storica signorile pressoché integra, che conserva gran parte del suo arredo storico.


Percorso Turistico di Palazzo Bufalini

Nel percorso di visita si possono ammirare: il panoramico Loggiato; le splendide sale dipinte da Cristofano Gherardi nella prima metà del Cinquecento; i saloni con il mobilio, la tappezzeria, i quadri, le vetrine che custodiscono i preziosi servizi da tavola in maiolica e la cristalleria. Fra le altre spiccano la Stanza degli Stucchi con le immagini delle “donne forti” e la Camera del Cardinale Giovanni Ottavio Bufalini, con la bellissima culla. Il parco è un tipico esempio di giardino all’italiana con il roseto, la galleria vegetale detta voltabotte, la “ragnaia”, le fontane, il frutteto, il cosiddetto “giardino segreto” ed il labirinto.

Il Castello Bufalini emerge nell’abitato di San Giustino (Perugia) ed è un ammirevole esempio di dimora storica signorile. Adibito a museo, dopo l’acquisizione da parte dello Stato nel 1988, è circondato da un elegante giardino all’italiana con rari esemplari di rose. La struttura nasce come fortezza privata di una famiglia ghibellina di San Sepolcro e dopo la battaglia di Anghiari (1440) diventa avamposto militare di Città di Castello, ben presto distrutto per ordine della Repubblica fiorentina.

Con l’arrivo della bella stagione, i visitatori del Castello Bufalini, raro esempio di dimora storica signorile pressoché integra anche negli arredi, che sorge a San Giustino in provincia di Perugia, troveranno una grande sorpresa.


IL Labirinto del Castello – La meta turistica del Castello

“Da domenica 21 aprile 2024, per la prima volta, il labirinto, posto all’interno di uno tra i più grandi e importanti giardini formali all’italiana dell’Umbria – circa 13.000 mq -, sarà aperto al pubblico fino a ottobre, ogni terza domenica del mese, solo su prenotazione (T. 075.856115; E. drm-umb.castellobufalini@cultura.gov.it) per gruppi di massimo 10 persone, con turni alle ore 11.00 e alle ore 17.00.” “Il labirinto non è soltanto un’opera botanica eccezionale, ma un’idea esoterica che si trasforma in esperienza – afferma Costantino D’Orazio, Direttore dei Musei Nazionali di Perugia-Direzione regionale Musei Umbria – Per questo la riapertura del labirinto al Castello Bufalini arricchisce il fascino di un luogo che nei prossimi anni riserverà al pubblico molte sorprese”.

“L’apertura al pubblico di uno dei labirinti di siepi più interessanti del panorama italiano – dichiara Veruska Picchiarelli, Direttrice di Castello Bufalini -, s’inserisce in un processo di recupero e rivalutazione di altre aree, interne ed esterne, dell’intero complesso, che porterà a partire dai prossimi mesi a raddoppiare e a riqualificare tota

lmente il percorso di visita”. Il Castello, afferente al MiC, Direzione Regionale Musei Umbria, è nato come fortilizio militare del Comune di Città di Castello a difesa dei confini dello Stato Pontificio ed è stato trasformato a metà del Cinquecento dalla famiglia Bufalini in villa di delizie che si affaccia sul paesaggio dell’Appennino.

Tra la fine del Seicento e i primi del Settecento, il suo parco venne organizzato in sette aree principali collegate tra loro e racchiuse da percorsi perimetrali posti a margine del fossato e del muro di cinta. Una di queste era occupata proprio dal labirinto creato per lo svago dei signori e formato da alte siepi di bosso. Il tracciato, che misura all’incirca 670 mq, è di forma trapezoidale con tre centri distinti, con un unico accesso, ai cui lati il 4 novembre 1694 furono piantati due cipressi, ancora viventi, che sono tra gli alberi più antichi del giardino.

Nell’archivio del castello si trovano alcuni disegni relativi alla sua progettazione e realizzazione, in particolare una planimetria databile al 1706, la Pianta del palazzo e giardino della villa di S. Giustino dei sign.ri March.si Bufalini, da cui è possibile vedere come il suo tracciato sia rimasto invariato nei secoli. Ciò fa pensare che almeno in parte le piante di bosso siano quelle interrate nel 1692, rendendo il labirinto di Castello Bufalini uno dei più antichi d’Europa.

Via Largo Crociani, 3 – 06016 San Giustino (PG)
Tel. 075 856115
email: drm-umb.castellobufalini@cultura.gov.it


Direttore: Veruska Picchiarelli

Orario di apertura
Venerdì, sabato e domenica e festivi infrasettimanali dalle ore 9:00 e alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00.
Ingressi a cadenza oraria alle ore 9:00, 10:00, 11:00, 12:00, 15:00, 16:00, 17:00. Visita sempre accompagnata.
Ultimo ingresso consentito mezz’ora prima della chiusura.

Chiuso dal lunedì al giovedì. Apertura esclusivamente su prenotazione per gruppi di almeno 10 persone.

Domenica e prima domenica del mese: sempre aperto con orario ordinario.

Festivi infrasettimanali:
Mercoledì 25 dicembre: chiuso
Giovedì 26 dicembre: aperto con orario ordinario
Lunedì 6 gennaio: aperto con orario ordinario


 

 

“TENENDI INNANZI FRUTTA” 27-28-29 Settembre 4-5-6 Ottobre 2024. Centro delle Tradizioni popolari “Livio Dalla Ragione” di Garavelle, Città di Castello.

‘𝐓𝐄𝐍𝐄𝐍𝐃𝐎 𝐈𝐍𝐍𝐀𝐍𝐙𝐈 𝐅𝐑𝐔𝐓𝐓𝐀’

Cultura rurale e agrobiodiversità: due importanti beni comuni da conoscere e  preservare.

Odori, sapori e stagionalità, queste sono le straordinarie ‘opere’ che saranno messe sul tavolo della grande cucina contadina del Centro. 𝐕𝐢𝐞𝐧𝐢 𝐚 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐫𝐜𝐢 𝐚𝐥 𝐂𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐓𝐫𝐚𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐨𝐩𝐨𝐥𝐚𝐫𝐢 “𝐋𝐢𝐯𝐢𝐨 𝐃𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐑𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞” 𝐝𝐢 𝐆𝐚𝐫𝐚𝐯𝐞𝐥𝐥𝐞, 𝐂𝐢𝐭𝐭à 𝐝𝐢 𝐂𝐚𝐬𝐭𝐞𝐥𝐥𝐨.

𝐈𝐧𝐚𝐮𝐠𝐮𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐯𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝ì 𝟐𝟕 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝟏𝟔,𝟑𝟎 𝐜𝐨𝐧 𝐚𝐩𝐞𝐫𝐢𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐞 𝐩𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐨𝐥𝐢𝐨!

𝑩𝒊𝒐𝒅𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊𝒕à 𝒅𝒊 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒆𝒔𝒕𝒂𝒕𝒆🍏🍈

La mostra rimarrà aperta il 28-29 settembre e il 4-5-6 ottobre dalle ore 10.00 alle ore 12.30 e dalle ore 15.00 alle ore 18.30.

Comincia il periodo di straordinaria abbondanza di colori e sapori. Le mele Durace, la Rosa romana, la Renetta, le pere Brutte e buone, la susina Panicone, e i tanti fichi. Ora si possono essiccare, farne marmellate da soli o misti. 😍

𝘚𝘪 𝘱𝘶ò 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘨𝘰𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘳𝘢𝘰𝘳𝘥𝘪𝘯𝘢𝘳𝘪𝘢 𝘷𝘪𝘴𝘪𝘰𝘯𝘦. 𝘝𝘦𝘯𝘪𝘵𝘦 𝘢 𝘷𝘪𝘴𝘪𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘨𝘳𝘶𝘱𝘱𝘪 𝘦 𝘴𝘶 𝘱𝘳𝘦𝘯𝘰𝘵𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘪𝘭 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘧𝘳𝘶𝘵𝘵𝘦𝘵𝘰. 𝘊𝘰𝘯 𝘪𝘭 𝘷𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘢𝘪𝘶𝘵𝘰 𝘳𝘪𝘶𝘴𝘤𝘪𝘳𝘦𝘮𝘰 𝘢 𝘧𝘢𝘳𝘦 𝘮𝘰𝘭𝘵𝘰 𝘥𝘪 𝘱𝘪ù…

👉 𝘈 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘭𝘪𝘯𝘬 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪 𝘪 𝘮𝘰𝘥𝘪 𝘱𝘦𝘳 𝘢𝘪𝘶𝘵𝘢𝘳𝘤𝘪: archeologiaarborea.com/Sostienici-Support-us

Soci Fondatori, soci Partecipanti e amici ci dicono perchè hanno deciso di sostenere Fondazione Archeologia Arborea, i suoi valori e l’attività in favore dell’agrobiodiversità 🌿

Oggi con noi Olio Ranieri.

Ricerca:

Da 40 anni ricerchiamo antiche varietà locali in poderi abbandonati e monasteri, nell’arte del Rinascimento, in antichi documenti e nelle testimonianze degli anziani agricoltori.

“Una ricerca sulle vecchie varietà locali di piante da frutto cominciata 40 anni fa nel Centro Italia. Una corsa contro il tempo per salvare queste piante dalla loro scomparsa definitiva. Come gli archeologi ricostruiscono una civiltà da un frammento, “Archeologia Arborea” da una piccola mela ha riscoperto mondi e culture di intere comunità. Sono stati privilegiati i luoghi ancora abitati da anziani agricoltori. Parlando, ma soprattutto ascoltando i loro racconti e testimonianze, abbiamo riallacciato il filo della memoria interrotto tra vecchie e nuove generazioni. La ricerca in antichi poderi abbandonati, orti dei monasteri o antichi luoghi di coltivazione distrutti dallo sviluppo industriale ha portato alla luce alberi testimoni ormai muti della antica cultura rurale. Ogni giorno scoprivamo quanto straordinario fosse il patrimonio genetico e culturale e quanto forte fosse il pericolo di scomparsa definitiva. Ritrovando decine di varietà di mele, pere, fichi e altre specie, è stata costituita una Collezione frutteto e una Fondazione ONLUS che si prende cura di questo tesoro. Negli anni abbiamo organizzato mostre pomologiche, conferenze, ricerche e partecipato a progetti nazionali e internazionali, continuando la nostra ricerca. Abbiamo scritto e hanno scritto su di noi articoli, reportage, documentari e libri. Il grande frutteto di Archeologia Arborea è diventato un serbatoio di geni e cultura, da condividere con le nuove generazioni. Un patrimonio unico di biodiversità che, per continuare a sopravvivere, ha bisogno del vostro aiuto.”

🇮🇹

“Con il materiale ritrovato in questi anni è stata costituito un frutteto collezione nella tenuta di S. Lorenzo di Lerchi, a Città di Castello (PG). Le piante, coltivate con i sistemi tradizionali del luogo, sono inserite in un contesto che recupera e restituisce l’armonia e le suggestioni di un paesaggio agricolo di antica sapienza.

 

Sono presenti circa 600 esemplari di diverse specie tra melo, pero, ciliegio, susino, fico, mandorlo, nespolo e melo cotogno, in 150 varietà diverse ritrovate nelle zone della ricerca.”

La collezione serve al mantenimento delle risorse vegetali e culturali; testimonia e conserva un importante segmento del patrimonio storico, culturale e paesaggistico; ha forti potenzialità dal punto di vista didattico; ha una importante funzione di serbatoio, favorendo il mantenimento della biodiversità e le produzioni locali.

alla lunga ricerca è stato creato a San Lorenzo di Lerchi, in un paesaggio agricolo storico, il frutteto collezione, straordinario patrimonio genetico e culturale.

Organizziamo mostre pomologiche, eventi dedicati alla biodiversità, progetti specifici in Italia e all’estero, visite di scolaresche e gruppi di studiosi e amatori.

 

Pagina · Organizzazione no-profit

 

San Lorenzo di Lerchi

 

archeologiaarborea.org

Museo Malakos: corso di disegno naturalistico e caccia al tesoro

Le iniziative comprendono i seguenti corsi:

– Laboratorio di disegno e acquerello, nei quali i partecipanti hanno modo di osservare e riflettere sulle varietà di forme e di colori che la natura assume, previsto in data Sabato 4 Dicembre alle ore 15.30.

– Caccia al tesoro aperta a famiglie e gruppi di amici, con numerose prove da superare per raggiungere il premio finale, previsto in data Sabato 4 alle ore 21.00

– Laboratorio di “Slime” per i più piccoli per sperimentare gli stati della materia, in data 4 e 5 dicembre ore 11.